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Lo Zooplancton per nutrire SPS, LPS e pesci – rotiferi e copepodi

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Calanus finmarchicus
Calanus finmarchicus

Nelle precedenti esposizioni sono stati trattati argomenti come il fitoplancton e le sue caratteristiche oltre al ruolo che questo riveste nelle catene alimentari marine in ogni ambiente, sia esso tropicale, sub tropicale o artico.

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Zooplancton: la parte animale del plancton

In questa primo articolo specifico sullo zooplancton illustrerò quali organismi si possano mantenere in coltura ed essere utili al nostro acquario.

Lo zooplancton si compone di organismi animali che si nutrono direttamente del fitoplancton (la componente vegetale del plancton) e possono avere vita libera in colonna d’acqua oppure vivere in prossimità di un substrato. Benché anche le meduse, per esempio, appartengano allo zooplancton pelagico, non saranno prese in considerazione, poiché non di interesse per le vasche allestite a reef corallino con coralli ermatipici a polipo lungo (LPS) o piccolo (SPS).

La vastità di Generi e specie che possono essere considerate zooplancton, non permette una trattazione esaustiva, per questo mi riferirò alle poche specie che possono trovare utilità per l’appassionato nella gestione del suo acquario. Premetto che l’utilità della somministrazione di zooplancton in acquario potrebbe essere essenziale nei casi in cui si mantengano animali con alimentazione molto specifica. Come esempio posso sicuramente menzionare tutti i Generi afferenti alla famiglia Callionymidae (es. Gen. Sinchyropus), che hanno una alimentazione a base di copepodi ed altri organismi simili, che mal volentieri accettano prodotti industriali, oppure solo dopo svariato tempo di allevamento. Altro esempio molto più estremo, sono tutti i Generi afferenti alla famiglia Syghathidae, che trovano la massima espressione nel cavalluccio marino (Gen. Hippocampus spp.), che però a differenza degli altri non viene solitamente mantenuto in acquario a reef.

Synchiropus splendidus in acquario: un divoratore di zooplancton
Synchiropus splendidus in acquario: un divoratore di zooplancton

Lo zooplancton, se di adeguate dimensioni, può essere molto utile in vasche con SPS ad elevata densità di animali, meno utile in vasche a prevalenza di LPS se non con organismi di maggiori dimensioni e dal movimento molto lento.

Gli organismi, che reputo più utili all’utilizzo in acquario di barriera sono riconducibili solo ad alcuni supergruppi Ciliati, Rotiferi e Crostacei. Tra i crostacei, senza entrare troppo nelle differenze scientifiche, abbiamo i copepodi calanoidi o arpacticoidi con diverse specie e i cladoceri, essenzialmente con i Generi Moina e Daphnia, ed anche con l’ordine Mysida a cui si attribuisce il ben conosciuto mangime congelato Mysis.

In questa prima parte non farò riferimento, per il momento, ai ciliati, che saranno trattati successivamente perché –benché possano essere comunque utilizzati in acquario o in allevamento di alcune specie di pesci marini- per questo articolo preferisco trattarli solo come possibile problema alle colture di fitoplancton.

I rotiferi

Vediamo quindi di iniziare dai rotiferi, il cui unico rappresentante utile ai nostri scopi si chiama Brachionus plicatilis per l’acquario di acqua marina ed il suo omologo in acqua dolce Brachionus calicyflorus. Le due specie afferenti allo stesso Genere sono molto simili, la differenza maggiore sta nella dimensione, inferiore per B. plicatilis e maggiore per B. calicyflorus e che quest’ultimo è di acqua dolce.
 
rotifero al microscopio con ingrandimento di circa 200 volte
Nell’immagine sopra è presentato un rotifero al microscopio con ingrandimento di circa 200 volte. La dimensione reale si attesta a circa 300 µm (0,3 mm). L’organismo si compone essenzialmente di una bocca circondata da una corona di cilia che ruotano per generare un flusso d’acqua che trattiene le particelle alimentari successivamente trasferite al semplice tratto digestivo. Esternamente, si nota una parte tondeggiante, il corpo dell’organismo e una piccola “coda” mobile alla cui estremità può essere secreta una sostanza adesiva che permette all’animale di fissarsi temporaneamente al substrato. Qualora, come nelle condizioni di allevamento intensivo, il rotifero non possa aderire al substrato non secerne nulla e resta fluttuante nel mezzo acquoso.

Il valore nutrizionale di questi organismi è veramente modesto ed è rappresentato quasi esclusivamente dalla presenza e dal valore nutrizionale delle microalghe che si possono trovare accumulate all’interno del tratto digerente. Se il valore nutritivo delle microalghe di allevamento è basso, si possono somministrare *** alcuni prodotti integratori, che però non sono stati trasportati nel mondo hobbystico da quello professionale, e quindi sono di difficile reperibilità.

L’unica possibilità che ci resta è l’impiego di diversi Generi di fitoplancton la cui miscelazione in produzione dei rotiferi, ne aumenta contemporaneamente la qualità nutritiva.

L’utilizzo in acquario di barriera si limita ad un modesto beneficio su coralli a polipo piccolo (S.P.S.) che possono predare attivamente i rotiferi inseriti in vasca e lasciati liberi di fluttuare trasportati dalle sole pompe di movimento, mentre un utilizzo in fase di allevamento di larve è essenziale. Detto questo si può comprendere come riuscire ad avere una elevata densità di animali per unità sia fondamentale in entrambi i casi. La densità media che riesco ad ottenere si attesta a circa 60 individui per millilitro, ma alcuni mi hanno riferito anche di 80/100 esemplari per lo stesso volume.

L’allevamento del rotifero avviene in successione a quello del fitoplancton. Ottenuto un fitoplancton con elevata densità di cellule algali, dopo aver atteso il tempo necessario al consumo delle componenti aggiunte al medium di coltura, si inocula una quantità variabile di rotiferi vivi direttamente nello stesso contenitore.

I rotiferi inizieranno a crescere con una velocità esponenziale consumando tutte le alghe presenti, riportando una elevata limpidezza nel contenitore di allevamento.

Fondamentale mantenere in movimento la coltura di alghe e rotiferi durante le fasi di crescita, in primis per mantenere elevata la concentrazione di ossigeno, ma anche per mantenere uniforme all’interno del contenitore la loro concentrazione.

A pagina 2 prenderemo in considerazione i vari generi di copepodi.

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