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Iposalinità: come curare i pesci dai parassiti spiegata da Lance Ichinotsubo

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Iposalinità: come curare i pesci dai problemi spiegato da Lance Ichinotsubo

L’iposalinità è un metodo largamente utilizzato per curare i pesci affetti da problematiche come Cryptocarion irritans o Oodinium, approfondiamo l’argomento tramite una intervista rilasciata da Lance Ichinotsubo qualche anno fa.

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Lance Ichinotsubo è il presidente di Elite Marinelife by Captive Seas in Florida, di origini Hawaiane, ha fatto del mondo marino una passione e una professione, da ben oltre 40 anni. Autore del “Manuale per la salute e l’alimentazione dei pesci marini”, è stato uno dei fondatori del principio dell’iposalinità.

Iposalinità, parassiti e la regola dello 0,002 negli acquari

Cos’è e a cosa serve l’iposalinità nel mondo marino? A quali notevoli vantaggi ha dato vita? Come si modifica l’iposalinità nella vasca di un acquariofilo? Cercheremo di rispondere a queste domande, prendendo spunto dall’insegnamento del maestro Ichinotsubo.

L’iposalinità, come da lui studiata e descritta, è un più basso valore di sale in concentrazione tra 1.010 e 1.013 (valore in peso specifico), tradotto approssimativamente a circa il 13-17 parti per mille di salinità.

All’inizio della sua carriera acquariofila, Lance Ichinotsubo, con la collaborazione dell’ amico Richard Back, aveva notato che, tra i molti pesci che riceveva da ogni parte del mondo, vi erano molte perdite e una serie di problematiche legate agli innumerevoli parassiti diversi contenuti nelle spedizioni. Dopo una attenta discussione con gli amici Thomas A. Frakes, George C. Biasiola e Peter Mohan, decisero di sperimentare il metodo dell’iposalinità, al fine di debellare gli ospiti inopportuni e salvare quanti più esemplari possibili.

L’intervista di Ichinotsubo (in inglese)

L’obiettivo era di abbassare la salinità a 1.010 nelle vasche di quarantena, ove acclimatare i pesci dopo il lungo viaggio, a volte in concomitanza anche con farmaci e con l’uso di altre sostanze aggiuntive, quali, ad esempio, il rame. I parassiti che affliggono le nostre vasche, principalmente protozoi ciliati che si presentano sotto forma di quel maledetto Ichthyophthirius multifiliis tanto temuto, non sono organismi osmoregolatori, non sono cioè in grado di controllare l’osmosi nelle loro pareti cellulari.

Ne consegue che, se da una salinità molto alta interna li si trasferisce ad una salinità più bassa, questi cominceranno ad assorbire acqua fresca per equalizzare la pressione osmotica all’interno e all’esterno delle loro pareti cellulari. Ad un certo punto, avendo assorbito una notevole quantità d’acqua, la loro membrana si romperà, esplodendo, o meglio, implodendo, ed uccidendo così il parassita stesso.

L’iposalinità permette anche all’acqua di contenere più ossigeno; in questo modo il pesce introduce con facilità una maggiore quantità di ossigeno attraverso le branchie, ove vi possono essere potenziali parassiti invisibili. L’iposalinità inoltre, insieme all’uso dei farmaci, permetterebbe una permeabilità delle branchie che consentirebbe di eliminare i parassiti proprio nelle zone in cui questi non sono visibili ad occhio nudo.

Lance Ichinotsubo
Lance Ichinotsubo

Si diceva dell’uso del rame: l’iposalinità ha avuto effetti positivi, quando applicata con quest’ultimo, nel trattamento per l’eliminazione, soprattutto, della Brooklynella hostilis, parassita di pesci marini a forma di fagiolo, lungo circa 60–80 μm, che si riproduce per fissione binaria.

Brooklynella hostilis

Brooklynella hostilis si nutre di cellule morte della pelle del pesce e può causare gravi danni alle branchie. I pesci che ne sono colpiti presentano una colorazione grigiastra e possono respirare in modo anormalmente veloce o anormalmente lento. L’infezione può causare desquamazione della pelle e congestione delle branchie. Il parassita, come i più comuni in acquario, si diffonde rapidamente e può facilmente trasferirsi a un nuovo ospite. La formalina risulta un trattamento efficace.

Lance Ichinotsubo ha infatti verificato le controindicazioni tra iposalinità e farmaci utilizzati in concomitanza con la procedura iposalina, non rilevando nessuna controindicazione nell’uso contemporaneo, ad esempio, di iposalinità e rame, iposalinità e clorochina, iposalinità e formalina.

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Come si trattano i pesci con l’iposalinità?

Lance Ichinotsubo aveva scoperto che si trattava di ridurre radicalmente la salinità – peso specifico – da 1.025 a 1.010, il tutto in una sola volta.

I pesci hanno tollerato questa riduzione abbastanza bene, ma, al contrario, i parassiti non la tollerano, per cui, con l’aiuto dell’aggiunta di farmaci è possibile sradicare rapidamente la gran parte dei comuni parassiti.

A questi livelli più bassi di salinità, i pesci possono tollerare, ad esempio, un calo radicale da 2.5 a 1.3, ma i precursori, nei loro studi, hanno preferito attenersi ad un valore di 1.0, il più basso possibile, in un range da 1.0 a 1.3. Si tratta di un range molto ristretto, sotto il quale si possono presentare danni ai pesci, ma sopra il quale non vi sono invece danni per i parassiti.

I pesci sono stati tenuti in iposalinità in sistemi di quarantena, per il tempo ritenuto opportuno al fine di eliminare il potenziale sospetto parassitario. Una volta stabilito che si potevano rimuovere i medicinali e/o il pesce dalla quarantena, si è proceduto a rialzare il livello di salinità ad un peso specifico opportuno, tra 1.020-1.025, a seconda che si trattasse di un acquario di soli pesci o di un acquario di barriera.

Iposalinità: come curare i pesci dai problemi spiegato da Lance Ichinotsubo

Alzare la salinità molto molto gradualmente

Poichè i pesci non possono tollerare un innalzamento della salinità troppo veloce, è stato necessario procedere ad un aumento molto graduale, secondo la regola del valore di 2 millesimi di punto, ogni 24 ore, partendo dal valore di 1.010, per arrivare ad una salinità di 1.012, 1.014, poi 1.016, 1.018 e così via, di 24 ore in 24 ore. Pertanto, ne risulta che, per estrarre un pesce dalla vasca di quarantena a 1.010 e trasferirlo alla vasca di vendita con salinità a 1.025, sono necessari alcuni giorni, in quanto, come detto, tali valori non possono essere raggiunti troppo repentinamente.

All’incirca, Ichinotsubo e i suoi hanno impiegato circa una settimana e mezza o poco più, per ristabilire gli equilibri, ma avendo debellato i parassiti… un ottimo risultato, per quell’epoca!

Un’ operazione tuttavia piuttosto delicata, che se non svolta nei modi opportuni, innalzando il valore in modo troppo repentino, può portare un pesce allo shock osmotico, con possibili conseguenti problemi di esotermia, insufficienza agli organi interni, così come problemi di vermi e anche di muffe.

Conclusioni

Concludendo, ricordiamo che l’iposalinità è uno strumento importante ed efficace nell’arsenale dell’acquariofilo, per il controllo e la sconfitta dei parassiti; d’altronde, piuttosto che assistere alla morte prematura dei nostri amici silenziosi, vale la pena sicuramente fare tutto quanto in nostro potere per rendere efficaci i nostri trattamenti nell’abile arte di salvarli!

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