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Arsenale biochimico dei coralli duri, come difendersi in acquario e in mare

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Vista aerea della Grande Barriera Corallina Australiana
Vista aerea della Grande Barriera Corallina Australiana

Le barriere coralline sono le più grandi strutture biogeniche sulla Terra: raggiungono dimensioni di oltre 1000 km, formano aggregati di estrema biodiversità e forniscono numerose risorse ecosistemiche, comunitarie ed economiche. 

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I principali responsabili della struttura fisica delle barriere coralline sono i coralli duri ermatipici (quelli che contengono nei loro tessuti alghe unicellulari simbionti, le zooxanthelle), ma nonostante la loro abbondanza, le tecniche di difesa e predazione sono ancora poco conosciute.

A causa dello stress antropogenico e del cambiamento climatico globale, i coralli ermatipici stanno affrontando sfide come la perdita di zooxantelle, la competizione con le macroalghe e la potenziale perdita di capacità di produrre l’esoscheletro a causa dell’acidificazione degli oceani. Per tutti questi motivi, i coralli che costruiscono le barriere potrebbero dover contare ancora di più sui composti chimici che producono per sopravvivere in un mondo che cambia.

Le nematocisti

I coralli duri appartengono al phylum cnidaria, che comprende anche anemoni di mare, meduse e idrozoi. Nonostante la maggior parte di questi organismi siano sessili, sono degli attivi predatori che utilizzano, come mezzi principali per procurarsi il cibo, delle strutture chiamate nematocisti e un ampio armamentario chimico. Le nematocisti sono degli organi urticanti costituiti da una capsula e da un filamento, quando il tessuto viene stimolato,  il filamento viene espulso attaccandosi alla preda o al predatore, e secernendo il veleno contenuto nel filamento stesso.

Nematocisti di Euphyllia sp.
Nematocisti di Euphyllia sp.

Dal punto di vista chimico, inoltre, utilizzano una serie di composti che possono avere varie funzioni, dalla digestione delle sostanze nutritive alla difesa contro i predatori. Attualmente sono molto conosciuti i composti prodotti da 2 gruppi di cnidari e cioè gli anemoni ed i coralli molli come le gorgonie.

L’arsenale biochimico dei coralli duri

Al contrario, l’arsenale biochimico dei coralli duri è ancora poco studiato probabilmente a causa della apparente scarsità di sostanze o della difficoltà di ottenere biomassa sufficiente per questo tipo di analisi. In un articolo recentemente pubblicato su Nature vengono studiate alcune famiglie di coralli duri e ne viene descritta la quantità di nematocisti e la concentrazione di composti emolitici (veleno) nei tessuti.

Le analisi eseguite hanno evidenziato che la famiglia delle Pocilloporidae è la vincitrice indiscussa, in particolare il genere Pocillopora e Stylophora.

Al secondo posto la famiglia delle Acroporidae con il genere Acropora e Montipora.

Al terzo posto si sono classificate le famiglie delle Favidae con il genere Favia e delle Milleporidae con il genere Millepora.

Nematocisti come difesa e predazione ma non come metodo per attaccare

I ricercatori hanno sottolineato che sia la presenza di nematocisti, che la concentrazione di composti emolitici, possa essere utilizzata dall’animale come difesa e come metodo di predazione e digestione delle prede. E’ invece più difficile che vengano utilizzate per la competizione territoriale.

Infatti sia Stylophora che Pocillopora, i coralli con la più alta attività emolitica e densità di nematocisti, sono considerati meno aggressivi di Favia quando competono per lo spazio nei reef.

Un altro fattore da considerare è che di solito i polipi delle Acroporidae e Pocilloporidae sono estroflessi per la maggior parte del tempo, essendo cosi un bersaglio più facile per i predatori. Le Favidae invece, estroflettono i polipi specialmente durante la notte, quando la presenza di predatori è minore, permettendo quindi una maggiore attività volta al predominio territoriale.

Una considerazione importante da fare è che la produzione e l’utilizzo di sostanze chimiche offensive e difensive da parte dei coralli è un tratto dinamico che può variare sia in specie diverse che all’interno della stessa specie. Infatti esemplari di Stylophora cresciuti in acque controllate e quindi senza predatori, hanno mostrato una diminuzione in entrambi i tratti analizzati nello studio rispetto a colonie selvatiche. Queste osservazioni indicano che lo studio dell’arsenale biochimico dei coralli duri può aiutare a capire non solo la fisiologia e l’ecologia di questi animali ma anche lo stato di salute delle barriere coralline.

VIA Nature https://www.nature.com/articles/s41598-017-18355-1

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